Giovannone di Guidrino

Il mio nome è Giovannone di Guidrino nato a Coteto, una zona rurale nei pressi del porto fortificato di Livorno, in una famiglia contadina che aveva in concessione un appezzamento di terra appartenente all’Opera del Duomo di S. Maria di Pisa. All’età di otto anni mia madre e i miei 3 fratelli minori morirono a causa delle febbri malariche. Mio padre, non potendo provvedere al mio sostentamento, decise di affidarmi al pievano della pieve di Santa Giulia, prima di partire in cerca di fortuna. Fu l’ultima volta che lo vidi. Il pievano di S.Giulia mi insegnò a leggere e scrivere e, vedendo che ero di buoni propositi e portato per le lettere, mi affidò alla cura dei monaci Benedettini del monastero di Coltano. Al monastero imparai a far di conto e tenere i registri contabili, a salmodiare e ad intendere il latino seguendo diligentemente la Regola del fondatore. A 14 anni venni affiancato all’Abate, ormai quasi cieco, per aiutarlo nella lettura del salterio; ciò mi diede occasione di intraprendere anche alcuni viaggi di rappresentanza al suo fianco. Durante la Messa di Insediamento del nuovo Arcivescovo di Pisa, lo accompagnai con lo scopo di aiutarlo a riconoscere le Armi delle varie Famiglie presenti. Quello fu il mio primo approccio all’Araldica, scienza che continuai a studiare nei tre anni successivi. Quand’ebbi 17 anni, poco prima della giorno in cui avrei dovuto professare i miei voti perpetui, un terribile incendio colpì il monastero: la chiesa andò distrutta, e molti miei confratelli morirono tra le fiamme. Interpretai l’incendio come un segno divino che non dovevo prendere i voti. Una notte di Aprile, prima che i monaci si riunissero nei pressi delle rovine della chiesa per recitare l’Ufficio Divino quaresimale, fuggii dal monastero dirigendomi verso Pisa in cerca di fortuna. Prima ancora di raggiungere le mura della città mi imbattei nella carovana di alcuni mercenari. Avendo la chierica evidente i mercenari mi chiesero di unirmi a loro per officiare loro i sacramenti e le benedizioni. Scoperto che non ero stato ancora ordinato presbitero decisero comunque di prendermi con loro per aiutarli nel tenere i registri e amministrare i denari. Tuttavia, vista la mia stazza iniziarono anche ad addestrarmi all’uso delle armi, cosa che mi permise di scalare la gerarchia militare della compagnia, fino a divenire uno degli uomini più fidati del comandante Tancredi de Grimaldi. Al suo servizio partecipai a molte battaglie, affiancandolo sia sul campo di battaglia che al tavolo di guerra. Mi distinsi in particolar modo nella battaglia di Montaperti dove venni addobbato cavaliere per aver salvato la vita al cavaliere Vitellozzo da Porciano. Fui in seguito nominato da Tancredi suo Araldo d’Arme. Fedele al mio Comandante e alla Masnada sono giunto fino a Varano. Mentre ci occupavamo dell’addestramento delle truppe del castello di Varano, il caso volle che l’Araldo del Signore e il suo apprendista cadessero in un dirupo di ritorno da Parma. Tancredi, dietro pagamento di una somma aggiuntiva, si è offerto di cedermi “pro tempore” al Castello di Varano come Araldo d’Arme dei Pallavicini. blasonare le Armi delle Famiglie e degli eserciti Toscani non era un problema per me, ma dei territori al di là dell’appennino, fatta eccezione delle famiglie più antiche e importanti, sapevo ben poco. In questi giorni, anche in vista del grande torneo che si terrà al castello, sono stato molto impegnato nello studio degli archivi del vecchio Araldo cercando di apprendere il più possibile delle Armi delle famiglie locali.